Giovedì, 03 Maggio 2012 06:17

IL PROGETTO SEI DI SALINE E IL SONNO DELLA RAGIONE

Nel 1751 venne pubblicato il primo volume della Encyclopédie di Diderot e D'Alembert che, come si poteva leggere nel frontespizio, voleva essere un "dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri". L'ultimo dei suoi 28 volumi in folio uscì nel 1772: un'opera straordinaria che, con 71.818 voci e 2885 tavole, era destinata a cambiare il mondo. Nonostante il potente fuoco incrociato dei difensori delle vecchie ortodossie e dell'Ancien Régime, del Papato e della monarchia francese, anche per i poderosi interessi commerciali che stavano dietro alla diffusione della Encyclopédie in tutto il Vecchio Continente, avvenne che la "pericolosa" opera dei Phylosophes non fu cancellata dalla nostra storia culturale.

 

Ma cosa c'era di tanto pericoloso nell'opera degli Illuministi? Non era tanto la rottura del monopolio del sapere, allora tenuto da una ristretta oligarchia, quanto il fatto che questo sapere veniva illustrato secondo i principi filosofici contenuti nel "discorso preliminare": in questo, a chiare lettere, si dichiarava che la conoscenza si raggiunge non per verità rivelate et similia ma attraverso i sensi; e che i dati sensoriali vengono ordinati dalla ragione e da questa combinati con l'immaginazione e la memoria. Una vera e propria rivoluzione culturale che pose le premesse ideologiche della Rivoluzione del 1789.

Oggi il primato della ragione, sofferta conquista del XVIII secolo, è una realtà acquisita. Ma non è sempre così: quotidianamente occorre misurarsi e proteggersi dai vari integralismi generati dal sonno della ragione.

Un esempio è dato dalle fumisterie ideologizzate, derivanti da pseudo verità indimostrate e indimostrabili, che affollano il campo dialettico di chi si oppone alla centrale a carbone pulito di Saline. È un po' come se il Discorso Preliminare non fosse stato mai stato scritto da D'Alembert e i principi dell'Illuminismo non fossero stati mai formulati; come se il tempo si fosse fermato in epoche in cui il sapere si basava su indimostrabili affermazione apodittiche e indiscutibili verità rivelate.

Chi oggi argomenta con colossali sciocchezze pseudo scientifiche è un minus habens ideologizzato oppure mente sapendo di mentire: tertium non datur. Con il sonno della ragione si condannerà per sempre una zona, le cui ambizioni turistiche sono ormai da tempo compromesse, a rimanere prigioniera del proprio passato segnato dalla devastazione territoriale dell'infranta illusione industriale.

Nessuno regala nulla e la Sei, con la Re Power alle spalle, non fa eccezione: occorre quindi valutare serenamente i costi e i benefici traendo quanto più possibile dai meccanismi compensativi. Quello che non può venir concesso è che si mettano in discussione inoppugnabili tesi scientifiche, peraltro confermate dall'Istituto Mario Negri, una delle poche istituzioni scientifiche che ci vengono invidiate all'estero:

1) le tecnologie che verranno adottate sono quelle già largamente utilizzate nelle centrali di ultima generazione denominate "a carbone pulito", che prevedono un ciclo produttivo a pressione negativa in grado di eliminare il problema della liberazione di polveri sottili e del relativo inquinamento dei territori limitrofi;

2) le emissioni di biossido di carbonio, prodotto fisiologico del metabolismo dei mammiferi, non sono assolutamente tossiche per il sistema territoriale locale: influiscono negativamente solo a livello globale e, comunque, la centrale è provvista della tecnologia adatta per il sequestro della CO2, da adottare quando sarà reso obbligatorio dalla UE.

Se, da un lato, non una sola opinione scientifica qualificata si è levata contro la centrale di Saline; dall'altro: non un solo politico di spicco si è sentito ammettere che le polveri sottili, in un sistema produttivo a pressione negativa, non sono un problema; non un solo ambientalista si è ascoltato convenire che il biossido di carbonio non è tossico ma è un prodotto fisiologico del metabolismo umano; da nessun attivista si è sentito affermare che, in un paese che si vuole definire civile, le leggi vanno rispettate e che, se un'impresa rispetta le leggi dello stato, non può trovare ostacoli impropri sul proprio percorso. Tutto ciò è definibile come sonno della ragione.

 

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