Lunedì, 03 Agosto 2009 06:28

LA SCUOLA DI NEANDERTHAL

La scuola delle tre I (Internet, Inglese, Impresa), non raggiunto l'obiettivo dell'alfabetizzazione informatico-anglo-imprenditoriale, ha comunque ottenuto il risultato di mortificare, ridimensionandolo indiscriminatamente, lo studio della storia:

 non solo quella antica del periodo classico greco-romano, anche quella medioevale e persino della modernità, di quell'età moderna che dall'avventura di Cristoforo Colombo e dalle scoperte di Galileo Galilei, passando per la grande rivoluzione dell'Illuminismo, approda al Novecento. Ma anche questo ricchissimo secolo a noi tanto vicino rischia di appiattirsi e perdere valore in una scuola concentrata quasi esclusivamente sul presente: sì che la perdita della memoria storica investirà tutto il passato, anche quello recente.

Questa scuola che ha "esiliato" il classico e ristretto la storia in un bignamino, si avvia a divenire una "Scuola di Neanderthal", ovvero una scuola di una civiltà giunta al suo capolinea. Se si guarda al nostro passato preistorico, infatti, si trova che la scomparsa del ramo dell'ominazione costituito dalla civiltà dei neanderthaliani, avvenuto in seguito alla migrazione dell'homo sapiens-sapiens dal corno d'Africa e all'installarsi nell'Eurasia della civiltà Cro-magnon, si può far risalire all'impossibilità per la struttura mentale del popolo di Neanderthal di riuscire a concepire se stessi come un punto in movimento della storia. I neandertaliani, con i quali l'uomo moderno condivide il 99,5% del patrimonio genetico, pur avendo acquisito la facoltà del linguaggio e dinamiche di vita quotidiana di tipo propriamente umano, vivevano nel presente e, senza un progetto di futuro e un ricordo del passato, si estinsero.

Le risposte del ministro Gelmini a questa debacle pedagogica, iconizzata nelle tre I ma portato anche dei governi di sinistra e soprattutto delle riforma Berlinguer, vaghe e disorientate, non sono un sufficiente antidoto ai veleni della scuola di Neanderthal. La lenta agonia della più antica istituzione culturale reggina, che comunque trovasi in popolosa compagnia nel panorama scolastico italiano, è l'effetto più evidente di un'offerta formativa debole rivolta a un target ormai banalizzato.

Target banalizzato forse è un eufemismo. L'altra sera, in uno dei più esclusivi circoli cittadini, ho involontariamente ascoltato alcuni spezzoni di chiacchiera tra giovani signore, per la loro età già frutto dell'impostazione neandertaliana della nostra scuola. Dopo un'accurata analisi comparata dei prezzi della ristorazione e dei costi dei detersivi, un'improvvisa incursione nei fatti di cronaca scompiglia le carte dialettiche. Testuale: "ma questo paese basco dov'è?"; "forse si trova in Irlanda"; "la forca ci vorrebbe per questi terroristi islamici?". A seguire altre assurdità storico-geografiche, parole in libertà, improbabili riferimenti, affermazioni deliranti. Il tutto mi ha fatto tornare alla mente un dialogo tra due signore leghiste riportato qualche anno fa da Michele Serra su Repubblica: "ma questa Israele, esattamente, dov'è?"; "boh, credo sia la capitale della Palestina".

Almeno in un ambito, quello dello spessore culturale delle chiacchiere estive tra giovani signore, il gap nord/sud sembra non avvertirsi.

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