Profilo storico dell'Area dello Stretto

Giovedì 16 ottobre 2008 - Sala confereze Museo Nazionale Reggio Calabria

Giuseppe Caridi

Ordinario di Storia Moderna Università di Messina

Sandro Borruto

Presidente Lions Club Reggio Calabria Host

 

INTERVISTA A GIUSEPPE CARIDI SUI TEMI DELL'INCONTRO 

Giuseppe Caridi è professore associato di Storia Moderna alla Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Messina, dove insegna anche Storia Contemporanea, ed è presidente della Deputazione di Storia Patria per la Calabria.
Tra le sue numerose pubblicazioni: Uno “stato” feudale nel Mezzogiorno spagnolo (Gangemi, 1988); Il latifondo calabrese nel Settecento (Herder, 1990); La spada, la seta, la croce: i Ruffo di Calabria dal XIII al XVIII secolo (SEI, 1995); Chiesa e società in una diocesi meridionale (Falzea, 1998); Il Sud in un binario morto (Rubettino, 2000); Popoli e terre di Calabria nel Mezzogiorno moderno (Rubettino, 2001). In quest’ultima opera, con un attento esame di una vasta documentazione comprendente censimenti fiscali e relazioni vescovili e registri parrocchiali, vengono tracciate le vicende demografiche, e quelle economiche a loro embricate, nella Calabria dal Basso Medioevo al Settecento.
É su quest’ultimo lavoro che verterà la nostra chiacchierata, durante la quale si affronterà anche il tema dei rapporti privilegiati verso Messina e di quelli non proprio idilliaci con Catanzaro. Scopriamo così la florida realtà economica della Reggio spagnola del 600 e l’analoga ricchezza della fascia tirrenica della sua provincia, dove addirittura Seminara le contende il primato amministrativo; scopriamo anche a quali machiavellici intrighi è da attribuire la nascita del potere amministrativo di Catanzaro a scapito di una Reggio che, allora come fino a pochi anni fa, è costretta a subirne gli scippi. La storia di Reggio, pur costellata da distruzioni e ricostruzioni, ha avuto sempre una sua continuità e, comunque, una propria particolare identità che non l’ha mai fatta identificare tout court con quella della restante Calabria; da questa storia ci appare anche chiaro che i suoi più floridi periodi sono stati quelli in cui, sottomesse allo stesso potere, le dirimpettaie città dello Stretto hanno intensificato i loro rapporti commerciali. 

VITALE – Cominciamo col parlare della pubblicazione
CARIDI - Questa pubblicazione inaugura la collana “Saggi di storia meridionale” che, per i tipi di Rubettino, è diretta da Guido Pescosolido, preside della Facoltà di Lettere alla Sapienza per molti anni docente a Messina. Frutto di una ricerca condotta su fonti archivistiche e registri parrocchiali, in pratica ho utilizzato le cosiddette numerazioni dei fuochi, o censimenti fiscali, dove per fuoco s’intendeva un nucleo familiare soggetto a tassazione. Pur essendocene stati dei precedenti in epoca angioina, il primo da cui si può ricavare con buona approssimazione il numero degli abitanti è quello che dispose Alfonso il Magnanimo. Divenuto re di Napoli nel 1442 dopo una lunga lotta di successione con gli Angioini, viste le casse dissanguate da una guerra molto dispendiosa, uno dei primi suoi provvedimenti fu quello di avere un’esatta contezza della base su cui poter imporre i tributi: da qui nel 1447 il censimento dei nuclei familiari, i cosiddetti fuochi. Per ognuno di questi la tassa annuale era di un ducato.
V - Mi puoi fare un’equivalenza in euro?
C - Non si può fare con precisione, ci possiamo avvicinare considerando il prezzo del grano o il salario di un bracciante a quel tempo: con un ducato, retribuzione di nove giornate lavorative, si potevano comprare 300 chili di grano.
V - Allora il regno di Napoli comprendeva la Sicilia e tutto il Mezzogiorno peninsulare, dall’Abruzzo sul versante adriatico e dalla Campania su quello tirrenico. Com’era la suddivisione amministrativa?
C - Suddiviso in 12 province, due erano calabresi: la Calabria Citra, corrispondente pressappoco all’attuale provincia di Cosenza; la Calabria Ultra, costituita dalla restante parte meridionale.
V - Dopo quella disposta da Alfonso il Magnifico, nei successivi periodi storici di dominazione spagnola e austriaca si sono avuti certamente altri censimenti. Anche questi si sono basati sul rilevamento del numero dei fuochi?
C - Dopo quello del 1447, il primo censimento dei nuclei familiari è del 1532. Poi, sempre nel periodo spagnolo, nel 1545, nel 1561, nel 1595, nel 1648 e nel 1699. Da segnalare che quello del 1648 non ha valore dal punto di vista della ricerca demografica in quanto ricopiatura del precedente del 1595.
V - In che senso è una ricopiatura del precedente?
C - Non viene fatto un censimento autentico. Mi spiego meglio. A quel tempo, durante la guerra dei trent’anni, i sovrani spagnoli avevano bisogno di non abbassare l’introito fiscale: siccome vi era stato nel primi decenni del 600 un forte calo demografico, per non documentare questa realtà che avrebbe comportato un minor gettito fiscale, preferirono non effettuare realmente il censimento limitandosi a copiare i dati dal precedente.
L’ASSETTO SOCIALE ED ECONOMICO
V - Per andare avanti nel nostro excursus demografico-economico sulla Calabria spagnola è preliminarmente necessario inquadrarne pur brevemente l’assetto sociale.
C - Il Regno di Napoli, componente dell’Impero Spagnolo, oltre che nelle citate 12 province era diviso anche in Università, equivalenti ai Comuni del centronord. In queste Università, termine derivato dal latino universitas civium, le autorità, che duravano in carica per un anno, erano costituite da due sindaci, uno dei nobili ed uno del popolo, coadiuvati nell’esercizio delle loro funzioni dai cosiddetti “eletti”, equivalenti agli attuali assessori, tra i quali vi era un tesoriere/cassiere, un mastro giurato, sorta di sovrintendente alle guardie pubbliche equivalente all’attuale comandante dei vigili urbani, un revisore dei conti. Per il governo centrale compito primario di queste Università era quello di assicurare i tributi: stabilito con il censimento l’ammontare totale del gettito fiscale dovuto, l’autonomia dei dirigenti era massima nell’operare con imposizione diretta o indiretta pur di “fare il pieno”.
V - Torniamo ai censimenti e alla demografia. Tralasciando quello del 1648, passarono oltre 100 anni prima che si effettuasse un altro censimento credibile.
C - Nell’ultima numerazione del periodo spagnolo, quella del 1669, si nota una grande differenza rispetto al 1595. Dall’insieme di queste numerazioni risulta che l’andamento demografico segue grossomodo quello del restante Regno di Napoli: una crescita nel 500, che in alcune zone si arresta a metà secolo mentre in altre prosegue fino alla sua fine; una crisi nel 600.
V - Naturalmente la genesi di questa crisi demografica, secondo i classici schemi malthusiani, è da imputare a fenomeni economici: l’incremento demografico porta allo sfruttamento agricolo anche di terre marginali che però non sono sufficientemente fertili da assicurare risorse sufficienti all’aumento della popolazione che, pertanto, si autolimita. Ma oltre questo ve ne sono stati certamente altri.
C - Bisogna aggiungere che nel 1618 inizia la guerra dei Trent’anni, una guerra distruttrice che, coinvolgendo di fatto tutta l’Europa, porta epidemie e carestie. La diffusione della peste, di cui abbiamo memoria letteraria col Manzoni, non è limitata alla Milano del 1630 e alla Lombardia ma accomuna tutta l’Italia. La Calabria viene interessata nel 1648 e nel 1656, anche se non in maniera omogenea.
V - L’assetto orogeografico della regione, con le relative difficoltà di comunicazione, si presta a questa disomogeneità. Oltre che amministrativamente in Citra e Ultra, come era divisa la Calabria da punto di vista demografico?
C - Questa differenziazione in zone viene evidenziata nel mio libro. Sulla scia di Galasso, io divido la Calabria, per densità di fuochi e per collocazione geografica, in 13 zone demografiche che accorpo in 4 aree omogenee: il versante tirrenico centro-meridionale, di cui fa parte Reggio e lo Stretto, che è l’area più produttiva e fiorente; l’intero versante jonico con la parte interna del Pollino e della Sila settentrionale, l’area più disagiata; il versante tirrenico settentrionale, demograficamente vicino a quello centro-meridionale; il catanzarese, più vicino alla zona jonica. Nell’ultima numerazione dei fuochi che io utilizzo, quella del 1732, la sola del periodo austriaco, rispetto al 1669 si nota una leggera ripresa nella Calabria jonica.
LE FONTI FISCALI ED ECCLESIASTICHE
V - Mi hai detto di non aver usato solo le fonti fiscali per analizzare la demografia calabrese ma di aver usato anche, a partire dalla fine del 500, quelle ecclesiastiche.
C - Sono le relazioni vescovili che, a partire dal pontificato di Sisto V (1585 – 1590), in ossequio alle disposizione del Concilio di Trento di metà 500, sono rese obbligatorie: compiuta la visita pastorale nei vari centri della diocesi, ogni tre anni i vescovi dovevano mandare alla Santa Sede una relazione in cui, oltre a illustrare le condizioni della diocesi e i costumi dei fedeli, oltre a riportare il numero delle chiese e dei sacerdoti, vi erano anche informazioni di carattere demografico come il numero delle anime. Non veniva riportato il numero dei fuochi ma, conoscendo che ogni fuoco mediamente era composto da 4,5 elementi, si può facilmente risalire al numero delle famiglie presenti nella diocesi.
V - Quindi, a partire dalla fine del 500, puoi confrontare la fonte del censimento dei fuochi con la quella  delle relazioni vescovili. Mi hai detto di aver usato anche la fonte dei registri parrocchiali.
C - Da quest’ultima derivo il numero dei nati, quello dei morti, il movimento della popolazione negli anni, la mortalità infantile; posso inoltre desumere le condizioni e il tenore di vita, l’eventuale figliolanza illegittima, la provenienza degli sposi, i flussi migratori, il periodo di concepimento, che è relativo al maggiore o minore lavoro che vi è nei campi.
*   *   *
V - Sulla scorta dall’analisi di registri parrocchiali e relazioni vescovili e numerazione dei fuochi, la situazione demografica di Reggio, da cui discende quella economica, può considerarsi sovrapponibile a quella calabrese durante il periodo della dominazione spagnola? 
C - Reggio ha un andamento anomalo rispetto all’appena descritto quadro complessivo della Calabria, nel senso che, non solo non appare la già descritta crisi demografica del 600, ma addirittura si nota una lenta crescita della popolazione. Il fenomeno si deve interpretare alla luce dell’intensificarsi dei rapporti con Messina. Ad esempio, i superstiti registri parrocchiali della Candelora indicano che il 15% degli sposi di quella parrocchia nelle prima metà del 600 proveniva da Messina; lo stesso fenomeno, in senso inverso, è rilevabile negli analoghi registri di Santa Maria dell’Arco a Messina.
LA VIA DELLA SETA
V - Questi rapporti così intimi di interscambio sono addebitabili a qualche causa specifica?
C - L’attività economica trainante del Reggino era la produzione di seta, che veniva in gran parte esportata utilizzando il porto di Messina.
V - Come mai non veniva lavorata in loco?
C - Reggio poteva produrre ma non lavorare la seta: in tutto il Regno, oltre Napoli, solo Catanzaro dal 1519 aveva questo privilegio. All’Università di Reggio, che agli inizi del 600 aveva inoltrato formale richiesta per poter impiantare telai per la lavorazione della seta, il Consiglio Collaterale del Regno dà risposta negativa adducendo due motivazioni: che concedere un secondo privilegio avrebbe danneggiato l’economia napoletana; che la vicinanza del porto franco di Messina avrebbe facilitato il contrabbando.
V - Nonostante questo handicap, dato che l’80% della seta esportata dal Regno di Napoli era calabrese e che il Reggino era all’avanguardia nella sua produzione, nel 600 la città di Reggio, come si evince dal suo andamento demografico, non risentiva della generalizzata crisi economica. Questa ricchezza si trasformava in potere politico?
C - La principale sede amministrativa era Catanzaro.
LA MADRE DI TUTTI GLI SCIPPI
V - Sembra un’incongruenza che, naturalmente, avrà la sua ragion d’essere in una serie di motivazioni storiche: riassumile brevemente.
C - Le 12 province in cui era diviso il Regno erano amministrate dalle cosiddette Udienze, che potevano aver giurisdizione anche su più province: le due calabresi, Citra e Ultra, erano sottoposte a una sola Udienza, quella di Cosenza. A capo dell’Udienza vi era il Preside, generalmente un nobile di una certa età con competenze giuridiche e di ordine pubblico che veniva coadiuvato dagli Uditori e, per quanto riguarda l’esazione fiscale, dai Precettori. La forte crescita demografica avvenuta nel 500 porta alla necessità di sdoppiare alcune Udienze, tra cui quella di Cosenza: Reggio vince la concorrenza di Catanzaro e di Seminara, che a quel tempo era un floridissimo centro, grazie alla sua importanza strategica: per 25000 ducati nel 1584 ottiene la sede della nuova Udienza della Calabria Ultra.
V - Siamo quasi nel 600: quando avviene lo scippo per antonomasia; quando si configura l’archetipo dello scippo alla città?
C - Dieci anni dopo, nel 1594, Reggio subisce un ennesimo saccheggio da parte dei turcheschi guidati dal rinnegato messinese Schidione Cicala: la città è distrutta e gli uffici vengono temporaneamente trasferiti a Catanzaro. Questa, approfittando della contingenza sfavorevole per i reggini, offre 28.000 ducati e ottiene che la sede dell’Udienza vi sia trasferita definitivamente. Quando nel 600 la rinata Reggio, non risentendo delle generale crisi, chiede la restituzione della sede provinciale dell’Udienza offrendo nel 1640 ben 30.000 ducati, le trame catanzaresi fanno sì che la richiesta non abbia esito positivo.
V - Lasciamo per ora la storia degli scippi e torniamo alla demografia. Che attendibilità viene data alle fonti e con che criterio viene loro concessa.
C - Occorre molta prudenza e cautela. A volte abbiamo casi eclatanti, come la già citata numerazione dei fuochi del 1648 ricopiata sic e simpliciter dalla precedente del 1595; a volte le relazioni vescovili sono palesemente superficiali; anche l’analisi dei registri parrocchiali, che dovrebbero essere la fonte più sicura, può indurre in errore.
L’ATTENDIBILITÁ DELLE FONTI
V - Com’è possibile che un registro dei nati e dei morti possa non essere attendibile?   
C - Un esempio: a seconda delle parrocchie, a volte i bambini che morivano non venivano segnati nel libro dei morti, ovvero nel libro delle sepolture, ma veniva giustapposta una noticina nel libro delle nascite accanto al loro nome; altre volte, effettuandosi in appositi loculi, le sepolture di chi non avesse raggiunto la maggiore età si registravano in registri separati. 
V - Erano tempi in cui la mortalità infantile raggiungeva valori che si attestavano oltre il 50% e, d’altronde, i bambini quasi non erano considerati cittadini.
C - Certamente, tant’è che nei cosiddetti “stati delle anime” dei registri parrocchiali, elenchi di tutti gli abitanti di una parrocchia divisi per famiglie ed effettuati a metà del 700 su richiesta dell’autorità pubblica per motivi fiscali, alcuni parroci, dato che i bambini non erano rilevanti ai fini fiscali, non ne riportavano il numero etichettandoli, nella descrizione del nucleo familiare, come “altri figli”.
V - A quali altre fonti hai attinto per collegare l’andamento demografico con quello economico?
C - Il paesaggio agrario del tempo può essere ricostruito attraverso l’analisi dei “relevii” ovvero delle “tasse di relevio” che i feudatari dovevano pagare ogni volta che subentravano al predecessore entro un anno dalla sua morte.
V - Una specie di tassa di successione?
C - Esattamente. Corrispondendo alla metà dell’entrata netta dell’anno precedente, per dar modo di stabilirla i feudatari redigevano un elenco delle entrate, che sostanzialmente erano divise in tre grossi cespiti: diritti giurisdizionali, diritti proibitivi, rendita fondiaria. Quest’ultima, derivante dallo sfruttamento agrario, era specificata più in dettaglio nelle sue componenti (terre cereagricole, uliveti, giardini di gelso, vigne, ecc.): la sua analisi ci permette di ricostruire il paesaggio agricolo e, seguendone l’andamento nel corso degli anni e le modificazioni delle sue componenti, ci fornisce un quadro dell’andamento economico, incrociare con le notizie di carattere demografico.
PAESAGGIO AGRARIO ED ECONOMIA
V - Altre fonti?
C - Un’altra è costituita dai contratti agrari: quando si è in crisi demografica, se ne effettuano di favorevoli per il concessionario ossia a lungo termine e a canone fisso; quando invece si è in crescita demografica, essendoci buona disponibilità di manodopera, i contratti sono a breve per poter rientrare dopo pochi anni in possesso delle terre e affittarle nuovamente a canone maggiorato.
V - In una realtà economica basata essenzialmente sull’agricoltura, tant’è che nei catasti del tempo il 70% delle popolazione era qualificato come bracciante agricolo, la ricchezza di una regione era determinata anche se non soprattutto dalla disponibilità di braccia da lavoro. Lo stesso valeva per le famiglie: ancora ai primi del 900 i bambini venivano definiti come “la scorta viva del podere familiare”. Ma andiamo avanti nella descrizione delle fonti cui hai attinto.
C - Nel tracciare il quadro economico della Calabria, in qualche occasione ho utilizzato la fonte dei  contratti di nozze per vedere la provenienza degli sposi. Nelle zone dove l’economia è povera, come nel latifondo del Crotonese, ci si sposa prima e si muore prima, tant’è che gli ultrasessantenni rappresentano solo il 3% della popolazione. Nel reggino, zona di colture più intense e a produzione pregiata, ciò non avviene: dove c’è una maggiore speranza di vita ci si sposa più tardi.
V - Qual era la speranza di vita e a che età ci si sposava?
C - Se si fa un calcolo globale, l’età media della Calabria spagnola si attesta attorno ai 30-35 anni; se togliamo la mortalità infantile sotto i sei anni, la speranza di vita dei “sopravvissuti” sale a  40-42 anni. Differenziando maschi e femmine, queste vivono mediamente 5 anni in più rispetto agli uomini. Per quanto riguarda il secondo punto, nel Crotonese l’età media per gli uomini era di 21-22 anni, per le donne di 17-18 anni; nel Reggino considera 5 anni in più.
LO SPOPOLAMENTO DELLE COSTE
V - Tracciando un quadro demografico ed economico della Calabria spagnola, non si può non parlare del rapporto di amore/odio col mare.
C - Un altro fenomeno demografico da evidenziare nel 600 calabrese è quello relativo allo spopolamento delle coste, soprattutto quelle ioniche, che in un primo momento avvenne a seguito delle scorrerie turchesche, ossia provenienti dalle province dell’Africa settentrionale dell’Impero Ottomano: gli abitanti per sfuggire a questi attacchi spesso abbandonavano i villaggi delle coste ed andavano ad abitare all’interno.
V - Com’è che incursioni e razzie sulle coste calabresi si concentrarono in quel periodo?
C - Era in corso una guerra tra la Spagna e l’Impero Ottomano e, soprattutto sotto Carlo V, nella prima metà del 500, tra Spagna e Francia per l’egemonia sull’Italia. I Turchi erano alleati della Francia.
V - Ma non sono stati solo questi i motivi dello spopolamento: non è da sottovalutare il particolare assetto orogeografico della Calabria.
C - Oltre alle coste viene abbandonato anche il corso delle fiumare che, della portata d’acqua altamente incostante, sono caratterizzate, soprattutto nella fascia ionica, da periodi di siccità che si alternano a devastanti piene. La presenza delle dune, poi, rendendo difficile il deflusso a mare dell’acqua, porta all’impaludamento costiero e alle relative epidemie malariche. La paura delle alluvioni e della malaria, cui si aggiunge quella dei Turchi, deve aver reso invivibile la vita sulle coste: nella Biblioteca Apostolica Romana vi è un antico manoscritto che descrive meravigliosamente bene questi aspetti della Calabria del 600.
V - Prima parlavamo di una generalizzata crisi demografico-economico calabrese, da cui rimase parzialmente indenne solo il Reggino e la sua fascia tirrenica: anche questa potrebbe essere stata una concausa dello spopolamento costiero.
C - Fu certamente un fenomeno plurifattoriale in cui ebbero la loro importanza anche le già citate epidemie di peste, le relative crisi di produzione agraria, le conseguenti carestie, che ulteriormente peggiorarono il saldo demografico negativo. Nello stesso periodo aumenta la pressione fiscale dei feudatari e declina il commercio. C’è infatti da ricordare che, dopo la scoperta dell’America, il Mediterraneo non è più l’unico centro del commercio internazionale, che si sposta anche sulle rotte atlantiche. La Calabria non può non risentire delle vicende politico-economiche e storico-sociali europee.
V - Fino a che età si spinge l’analisi del tuo libro?
C - Partendo da metà 400, dato che l’ultima numerazione fiscale che utilizzo è quella del 1732, arriva fino al periodo della dominazione austriaca. I secoli precedenti, ossia il periodo svevo e angioino, sono solo accennati nell’introduzione.
V - In passato vi sono stati altri studi sull’argomento?
C - Un precedente lavoro del Galasso si limita al 500 calabrese e utilizza solo fonti fiscali, mentre nel mio libro vengono presi in esame, oltre alle relazioni vescovili anche i registri parrocchiali.

 

Conferenza Giuseppe Caridi

 

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