IL SARS.COV.2 IN ETÀ PEDIATRICA

Sintesi della relazione tenuta al convegno promosso dall'Unuci all'hotel Miramonti di Gambarie il 9 agosto 2020.

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Parlare di coronavirus, e dei suoi rapporti con bambini e ragazzi, a un uditorio attento e informato ma non specialistico, impone un atteggiamento pragmatico che, pur non perdendo mai di vista l'evidenza scientifica, si cali comunque in casi pratici e di vita comune familiare.

Tra questi soprattutto uno: che potere infettante hanno bambini e ragazzi nei confronti degli anziani conviventi, i veri soggetti a rischio, soprattutto in previsione di un loro rientro in società che avverrà a settembre con la ripresa delle attività scolastiche?

Per arrivare a rispondere a questa domanda occorre rifarsi alle evidenze scientifiche consolidate, tenendo comunque conto che la breve durata degli studi epidemiologici non consente loro di assurgere al rango di verità scientifica ma solo di approssimarvisi con ragionevole certezza.

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La ripresa scolastica a settembre non è solo un diritto dei cittadini e un dovere sociale, ma risponde anche a necessità psicologiche per i minori e organizzative lavorative per i genitori.

Si deve premettere che il rinvio a settembre è stato un atto di precauzione, verso pericoli non quantificabili compiutamente ma che non potevano essere ignorati, più che di prevenzione, per proteggere da rischi oggettivi e provati e quantificati. Rinvio precauzionale, quindi, perché l'assenza di prove non garantiva l'assenza di rischio.

Ciò premesso, ovvero affermata l'ineludibilita di un ritorno a scuola a settembre, facciamo un breve excursus degli studi fin ora effettuati sui rapporti tra coronavirus e minori.

Riguardo all'infezione prescolare e scolare, useremo i risultati pubblicati dall'Università di Friburgo sul Pediatrics Infectious Disease Journal sulla morbilità e letalità infantile relativa ai sette coronavirus conosciuti, a serbatoio animale e infestanti cellule epiteliali respiratorie e gastrointestinali, dagli anni Sessanta a tutt'oggi.

Analizzate le infezioni dovute ai 4 coronavirus, due betacorona e due alfacorona, responsabili del comune raffreddore e della bronchiolite. E ai 3 betacorona sars.cov, mers.cov, Sara.cov.2.

Questi ultimi tutti si sono dimostrati meno letali in età pediatrica: mers 6 per cento, sars 1 e 2 zero per cento.

Dati quindi, quelli di Friburgo, altamente rassicuranti.

Passamo a considerare i dati dell'agenzia cinese della sanità pubblicati l'11 febbraio. Su esaminate 72,314 infezioni sintomatiche solo il 2 per cento riguardava soggetti di età inferiore ai 19 anni.

Un altro studio, sempre cinese, ha analizzato solo infezioni pediatriche in tre diverse regioni: 20 casi, 34 casi, 9 casi.

Il 65 per cento ha avuto sintomi respiratori moderati, come febbre e tosse con rinite. Il 26 per cento stessi sintomi, ancora più lievi. Il 9 per cento senza sintomi.

Per tutti guarigione senza postumi entro i 15 giorni.

In soli 4 casi si sono riscontrati piccoli infiltrati polmonari monolaterali, con sintomi scarsi e guarigione in 15 giorni.

Pendant a questi dati rassicuranti abbiamo il dato negativo che tutti i casi, anche asintomatici, si possono considerare infettanti.

Altro studio cinese, pubblicato a marzo su Lancet e riguardante la provincia di Shenzhen.

Tasso medio di infezione e di infettività, pur in presenza di sintomatologia assolutamente meno grave e praticamente leggera, uguale tra adulti e bambini.

Passando alla casistica epidemiologica e clinica italiana, abbiamo uno studio pilota, effettuato sulla popolazione di Vo' Euganeo dall'équipe del prof. Crisanti dell'università di Padova.

Analisi di tampone nasofaringeo a inizio chiusura paese sull'86 per cento della popolazione e alla fine sul 72 per cento.

Il 43 per cento dei positivi al tampone era asintomatico ma con analoga carica virale infettante dei sintomatici.

Nessuno dei 234 bambini tra 0 e 10 anni esaminati con tampone è risultato positivo, compresi quelli che avevano vissuto nello stesso ambito domestico con adulti positivi o malati.

Questo dato è ancora più rassicurante di quelli cinesi.

Si può ipotizzare che l'immunità naturale o acquisita per precedenti vaccinazioni sia in grado di modificare i tempi di presenza del virus nell'orofaringe nei bambini. Questa ipotesi dev'essere confermata dai test sierologici su sangue.

Sempre lo stesso studio ha evidenziato una positività al tampone dell'1 per cento nella fascia di età tra gli 11 e i 20 anni.

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Un discorso a parte si deve fare per i sintomi dermatologici, presenti anche nei pochi casi pediatrici: rash petecchiale, simile a quello della dengue; vescicole, come quelle dalla varicella; acrocianosi alle estremità, tipiche della sars, interpretabili come fenomeni vasculitici isolati e benigni nel loro decorso oltre che remittenti in 10 o massimo 20 giorni.

In questo ambito di patologie vasculitiche, da segnalare la strana maggiore incidenza della malattia di Kawasaki: studi dell'ospedale Gaslini di Genova e dell'ospedale pediatrico di Bergamo ci dicono che in questo periodo epidemico i casi di questa rara malattia pediatrica si sono quadruplicati rispetto ai 7 0 8 annuali.

Sintomi riscontrati, che un po' si discostano da quelli tradizionali sono i seguenti: febbre alta e prolungata, esantema toracico, linfoadenite laterocervicale, congiuntivite bilaterale, fessurazione labiale, lingua a fragola, gonfiore a mani e piedi, desquamazione cutanea alle estremità.

In una lettera della SIP ai pediatri si comunica che l'uno per cento dei bambini che ammalano di covid19 si ammala anche di malattia di Kawasaki.

L'ipotesi è che in soggetti predisposti vi sia una risposta immunitaria anomala che, in rari casi, può portare all'unica grave complicazione: la formazione di piccoli aneurismi alle coronarie.

La terapia si basa sulla somministrazione endovenosa di immunoglobuline cui va affiancato, secondo le linee guida emerse dalla teleconferenza organizzata dall'università di Boston il 2 marzo, il desametasone e il tocilizumab.

Notizia di questi giorni è che si potranno effettuare più facilmente gli screening anche in ata scolare. Si e visto, infatti, che il metodo Elisa per la ricerca degli anticorpi sul siero si può effettuare anche su poche gocce di sangue, raccolte con piccola puntura al polpastrello e immagazzinate su ul bigliettino si carta bibula. La metodologia e applicabile su larga scala anche in ambiente scolastico.

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