Martedì, 03 Gennaio 2012 08:48
COME NASCE MINIMA IMMORALIA
Sempre più spesso lo scrivente si trova a essere come il Palomar di Italo Calvino: "soffre molto per la sua difficoltà di rapporti con il prossimo" perché non riesce a essere come coloro che hanno "il dono di trovare sempre la cosa giusta da dire, il modo giusto di rivolgersi a ciascuno, e che sono a loro agio con chiunque". È per questo motivo che ama più scrivere che parlare.
Riducendo, con una nonchalance a volte colorita d'ironia e sorriso, anche i grandi problemi a "minima cosa", gli piace dire ciò che all'homo banalis, evoluzione socialmente omologata e politicamente corretta dell'homo videns di Giovanni Sartori, appare "immorale": leggere i fatti oltre l'apparenza e superare la fredda logica dell'oggettività ("Oggettivo è l'aspetto non controverso del fenomeno, il cliché accettato senza discutere, la facciata composta di dati classificati" - Theodor W. Adorno, Minima Moralia, parte prima, passo 43).
Egli approda così a un soggettivismo in grado di dare un'interpretazione della realtà che, senza alcuna pretesa di essere la Verità, comunque si differenzia dal comune sentire ("Soggettivo è ciò che spezza quella facciata, ciò che penetra nella specifica esperienza dell'oggetto, si libera dai pregiudizi convenuti" - Adorno, ibidem). Questa voce fuori dal coro, insomma, a volte anche con l'arma della satira, vuole strappare il sipario della realtà preinterpretata, che nasconde il palcoscenico dove si recita la vera piéce della vita cittadina, per condividere con gli altri quello che riesce a vedere.
È così che nasce l'idea di brevi scritti ("minima immoralia") che, andando oltre l'apparenza oggettiva dei fatti, li descrive con un soggettivismo che non vuole essere né discrezionale né tantomeno anarchico bensì "laico" e "autonomo": intendendo per laicità l'indipendenza del pensiero da ogni condizionamento ideologico o religioso; e interpretando l'autonomia oltre il suo stretto etimo di "darsi le regole da se stessi" per attingere al significato di libertà di effettuare scelte finalizzate al proprio maggiore interesse e/o al bene comune.
Ricercare quello che si ritiene il maggiore interesse della collettività locale, andando oltre l'accettazione del biblico "piatto di lenticchie" ovvero oltre i vantaggi spiccioli e immediati, significa anche non essere adagiati sulle Verità delle veline mediatiche e degli strombazzi politici. Per l'homo banalis è un atteggiamento palesemente "immorale" ovvero fuori dal suo tempo e foriero di disordine: per lo scrivente essere immoralista agli occhi dei più non può essere altro che un onore.