Lunedì, 12 Aprile 2010 06:21

GIUSEPPE SCOPELLITI: "BISOGNA ESSERE ASSOLUTAMENTE MODERNI"

Nella presentazione al libro/intervista di Giuseppe Scopelliti, "Un'idea di città", ho scritto della necessità per un buon politico di riappropriarsi del passato per capire il presente e così poter progettare il futuro. Ho specificato che tale lettura del tempo trascorso dev'essere filtrata attraverso una lente contemporanea:

 un po' strattonando il significato sorgivo, tale contemporaneità si può condensare nell'esortazione che Rimbaud pone in "Una stagione all'inferno": "bisogna essere assolutamente moderni".

Lo strepitoso successo ottenuto nell'agone elettorale regionale, in una sua lettura più antropologica e culturale che politica, conferma la citata proposizione: essendo questo essenzialmente dovuto a quella "assoluta modernità" che ha fatto raccogliere a Scopelliti consensi quasi plebiscitari tra le fasce giovanili non ideologizzate, non legate in maniera paralizzante al passato, pragmaticamente concentrate al problem solving ovvero sul quell'insieme di processi funzionali tesi ad analizzare, affrontare e risolvere i problemi.

Il timore per i reggini era che l'asse Cosenza/Catanzaro, ovvero quello che prima di quanto accaduto veniva così definito, ancora una volta avrebbe campanilisticamente privilegiato un candidato più radicato nel territorio e quindi maggiormente sensibile alle istanze e richieste locali: d'altronde la cifra identificativa della politica della precedente Giunta, soprattutto nei suoi ultimi tempi, era stata l'assecondare indiscriminatamente nelle sue avances il presunto parco elettorale.

Così non è stato: il calabrese, di Catanzaro e Vibo e Crotone e Cosenza, ha preferito guardare oltre, non giocarsi la miope carta familistica, non ambire al biblico piatto di lenticchie, non accontentarsi del poco che Loiero poteva assicurargli: ha preferito credere in Scopelliti, giocarsi la carta della modernità, investire nella novità.

Assoluta modernità, dicevamo: Scopelliti ha fatto capire all'elettorato che era ora di cambiare, che i Fatti di Reggio avvenivano quando il candidato alla guida della Calabria aveva pochi anni, che il ricordo di questi non poteva più condizionare negativamente la politica calabrese, che la loro lunga ambra non era abbastanza lunga per coprire anche il terzo millennio.

La pacificazione che non era riuscito a ottenere Italo Falcomatà (perché, al di là di tutte le buone intenzioni, pur sempre si dialogava tra persone che avevano subito in prima persona i Moti e il cui vissuto, pertanto, come quello dello scrivente, era intriso di paralizzanti ricordi) l'ottiene oggi Scopelliti: che va oltre, che si comporta e parla a tutta la Calabria come se quanto accaduto nel 1970 non fosse mai avvenuto.

Ricordo tradito? Costrizione della regginità in un fondaco dell'animo? Non è così. Si tratta piuttosto di avere contezza della propria forza e di essere coscienti della vittoriosa affermazione del Modello Reggio, che oggi va esportato in Calabria e condiviso con le altre sue Province; ovvero di aver saputo imporre la logica del buon governo e di voler offrire, oggi, la mano a chi si è fatto fin ora governare con la miope e fallimentare ottica della famiglia e del campanile. Si tratta, insomma, di riuscire a essere il Sindaco di tutti i calabresi.

Queste le considerazioni affioratemi dopo aver ascoltato Giuseppe Scopelliti quando, domenica 11 aprile, si è rivolto ai soci della Confcommercio in un teatro Odeon stracolmo di entusiasmo oltre che di persone. Devo aggiungere, a loro chiosa, che la mia intuizione sulla "assoluta modernità" di Scopelliti, formulata sul finire del 2009 dopo aver raccolto le sue considerazioni in "Un'idea di città", è stata confermata in pieno: è una rottura con il passato che non ha eguali nella storia politica calabrese; una ventata di novità che, se verrà confermata dai fatti, potrebbe determinare una svolta decisiva nella storia della nostra regione.

 

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