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Mercoledì, 03 Marzo 2010 08:42

VERSO IL PIANO STRUTTURALE COMUNALE DI REGGIO CALABRIA

Il territorio comunale reggino ha la particolarità di essere scandito da fasce perpendicolari alla costa tratteggiate da corsi d'acqua. Questa condizione è stata fin ora scarsamente posta in evidenza e recepita negli strumenti urbanistici e di programmazione dello sviluppo.

Dallo scenario tracciato dalla Grande Reggio del 1927, che accorpava i piccoli comuni satelliti alla città, fino al Piano Quaroni del 1970, che disegnava una città compatta lungo la costa, con un approccio del tutto conurbativo piuttosto che di valorizzazione locale, la pianificazione territoriale comunale si è sempre mossa con un'attenzione particolare alla direttrice costiera e, in prospettiva, al collegamento stabile con l'altra sponda dello Stretto.

Le scelte di pianificazione territoriale che si condenseranno nel Piano Strutturale Comunale di Reggio, il primo in Calabria che sarà approvato (la previsione è per il 2012) con un percorso cominciato nel 2006, approdano a un'idea di città che, pur non rinnegando l'eredità quaroniana, si consolida in alcuni concetti urbanistici non sufficientemente presi in considerazione nelle elaborazioni precedenti.

Dal 1942, anno della prima legge urbanistica approvata dal Parlamento, passando per l'infausto lascito delle strategie urbanistiche degli anni Sessanta, che modificarono il regolamento edilizio del piano De Nava del 1910 rendendo obsoleta l'imposizione dei tre piani fuori terra come altezza massima degli edifici, si era infatti arrivati a un Piano Quaroni che, nato male e sostanzialmente abortito, era così caratterizzato: grandi assi stradali, in genere sinuosi, con incroci trasformati in rotatorie attorno a isole all'inglese; elementi edilizi, in genere caseggiati di una certa importanza, lunghi e snodati; residenze di tipo intensivo in rapporto a spazi aperti di verde comune. Era la lezione di Le Corbusier, quando diceva che si poteva anche fare una città di un milione di abitanti concentrata in una sola "unité d'habitation" a patto di lasciare 5 ettari di terreno adibito a verde pubblico, che si voleva adattare alla dimensione reggina. Della lezione lecorbuseriana costruttori e amministratori reggini dimenticarono la seconda parte, quella relativa al verde, con i risultati che abbiamo oggi sotto gli occhi.

Tornando a noi, la riqualificazione dell'esistente, caratterizzato dalle trasformazioni puntuali e non pianificate del dopo-Quaroni, è il proposito che ha dettato l'attuale scelta di pianificazione. Non trascurando anzi esaltando l'apertura metropolitana ideata da Genoese Zerbi nel 1927 e formalizzata da Quaroni nel 1970, si è inteso tutelare e rivalutare non solo i centri storici delle ex municipalità costiere (Pellaro, Catona, Gallico, ecc.) ma fare altrettanto con gli agglomerati storici collinari (Gallina, Ortì., ecc.), legati al centro da un sistema di viabilità sostenibile in grado di integrare tutto il territorio comunale in un sistema-città moderno e funzionale.


Questa è in sintesi la determinazione politica, l'anima che alimenta di vita il prossimo Piano Strutturale Comunale reggino, tutto il resto (zone di sviluppo artigianale localizzate a Bocale, Calopinace e Atrghillà; siti di sviluppo turistico; poli didattici; ecc. ) è conseguente. Reggio sarà una città diffusa, che si interfaccerà con aspirazione metropolitana all'altra sponda dello Stretto, ma anche policentrica, dal punto di vista antropologico, e plurale, dal punto di vista produttivo: una città, insomma, pronta ad accogliere le sfide del futuro.