Edizione 2009 - Vincenzo Panuccio - Dio ride? Guizzi di amore e di gioia nelle Sacre Scritture

dio-rideProf. Avv. Vincenzo Panuccio

Venerdì 04 dicembre 2009 - Salone dei Lampadari di Palazzo San Giorgio - Reggio Calabria

Lectio Magistralis "Dio ride? Guizzi di amore e di gioia nelle Sacre Scritture"

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Dalla presentazione della Lectio

Non può essere senza significato che il nome del primo ebreo per nascita, figlio di Abramo e di Sarah, Isacco - Yizhaq - significhi "colui cui Dio sorride" o anche "possa Dio sorridere". Un significato che va oltre il riferimento al riso della madre, Sarah, cui viene annunciato che sarà madre in tarda età, o al sorriso di un Dio che sfida il padre, Abramo, a credere che lo sarà in vecchiaia. In verità l'etimo di Yizhaq prolunga la sua ombra, oltre il fatto contingente, su tutta la storia di un popolo la cui identità religiosa è intrisa di riso e di sorriso.

D'altronde, una delle feste più significative della coscienza collettiva d'Israele è quella di "purim" (la festa delle sorti), che cade il 14 del mese ebraico Adar concludendosi il giorno successivo, della gioia per il dono della salvezza fatto da Dio al popolo ebraico per mano di Ester: una festa il cui ruolo centrale è costituito dal rivolgimento delle sorti e dei ruoli per cui il perfido Amàn, consigliere di Re Assuero, che aveva tramato per liberarsi degli ebrei convincendo il Re a ucciderli tutti, muore proprio su quel palo cui voleva appendere il giusto Mardocheo; una festa dello scambio dei destini in cui, dopo il digiuno che ricorda quello di Ester, si mettono in scena maschere in cui ciascuno deve rappresentarsi nel segno del suo contrario (il povero da ricco, lo studioso da minus habens, la giovane e bella donna da vecchia e laida, l'avaro da munifico, ecc.).

Tutta la cultura religiosa ebraica è intrisa della sapienza del riso e sorriso, una sapienza che - come raccontato da Moni Ovadia del suo "L'ebreo che ride" (Einaudi, Torino 1998) - osa dare consigli anche a Dio quando, per bocca di un povero ebreo, gli si rivolge così: "Noi Ti ringraziamo, Signore del cielo e della terra, d'averci scelto e prediletto fra tutti i popoli. Ma un'altra volta, non potresti scegliere qualcun altro?".

Il cristianesimo, dalla robusta radice ebraica, non può non essere anche una religione del riso e del sorriso.

Partendo da questa affermazione (che l'autore fa sua tra l'altro citando, nelle prime pagine del saggio, un proverbio rabbinico che, a commento del passo di Isaia 55.8-9, così recita: "L'uomo pensa, Dio ride!") si dipana il pensiero di Vincenzo Panuccio in "Dio ride?": dopo aver esaminato il tema del riso nella Bibbia

ebraica, nel Vecchio e nel Nuovo Testamento, con un corposo corredo di note ne analizza la tipologia, addentrandosi nei rapporti tra umorismo e valore nell'esperienza umana per approdare al tema dell'umorismo in Cristo.

Il saggio si conclude con due affermazioni che ne costituiscono la cifra rispondendo alla domanda posta nel titolo: "Basta connettere il riso con la natura, con la vita, con la natura costitutiva dell'uomo, per dedurre che Gesù, realizzando l'immagine dell'uomo perfetto, non può non possedere questa dimensione essenziale che è il riso"; "Se il riso è un segno gioioso dell'amore, e se Dio è amore, il nostro Dio, per... proprietà transitiva, certamente ride".

"Dio ride?" è la Lectio Magistralis tenuta in occasione del conferimento al giurista reggino del Premio Bertrand Russell ai Saperi Contaminati (Reggio Calabria, Palazzo San Giorgio, venerdì 4 dicembre 2009) da parte della Fondazione Mediterranea e della Facoltà di Ingegneria dell'Università Mediterranea per aver contaminato i propri saperi giuridici con altri e diversi in una coerente sintesi di conoscenza e saggezza.

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