Il sistema territoriale e dei trasporti nell’Area dello Stretto

Giovedì 01 dicembre 2005 – Circolo di Società

 

Giuseppe Campione (Università di Messina)
Francesco Borruto (Ingegnere dirigente Italfer)
Domenico Gattuso (Ordinario di Trasporti Università Mediterranea)

 

Presentazione

RITORNARE AL “PROGETTO 80”  (di Enzo Vitale da Il Quotidiano)

Alla fine del IXX secolo, quando l’attraversamento dello Stretto di Messina è ancora affidato a navi a vela, l’ingegnere navale Antonino Carabetta completa lo studio progettuale di mezzi capaci di trasportare anche carri ferroviari. Se ne discute in Parlamento e l’ammiraglio Bettolo, sostenitore dei progetti di Carabetta, viene zittito dall’allora Ministro ai Lavori Pubblici che definisce ridicolo impegnare ingenti risorse “per quattro ceste di frutta che passano da Messina a Reggio”. Nonostante questa presa di posizione, il tandem Carabetta-Bettolo vince e, il 1° novembre del 1899, viene inaugurato ufficialmente il servizio di trasporto sullo Stretto con una coppia di navi traghetto a pale della lunghezza di 50 metri, “Scilla” e “Cariddi”, in grado di trasportare sei carri ferroviari ciascuna. A queste si aggiunsero nel 1905 la “Calabria”, radiata nel 1927, e la “Sicilia”, radiata nel 1933, più moderne ma con la stessa impostazione a pale e con la stessa capienza. Con l’era dei “ferry boats”, alias “ferribotto”, si può dire che nasca la nuova realtà geo-economica dell’Area dello Stretto: quella moderna, evoluzione dell’integrazione realizzata nel Seicento sotto il dominio spagnolo.

I superstiti registri parrocchiali della Candelora a Reggio, infatti, ci dicono che nella prima metà del 1600 quasi una famiglia su cinque di quelle ivi residenti era messinese; lo stesso fenomeno era specularmene presente a Messina nei registri di Santa Maria dell’Arco. In quel periodo, sotto la dominazione spagnola, furono proprio le interazioni commerciali con l’altra sponda (esportazione della seta grezza, la cui produzione era l’attività trainante del reggino, attraverso il porto franco di Messina) che protessero la nostra città da una crisi economica tanto accentuata da mandare in crisi demografica la restante Calabria.

L’immane tragedia del sisma del 28 dicembre 1908, e gli eventi legati alla guerra del 1915-18 (nel 1917 affondò la “Scilla” per un contatto con una mina: nel dopoguerra venne sostituita con la “Scilla II”, cui seguirà la “Messina”) e alla seconda guerra mondiale (sopravvisse al conflitto solo la “Messina”; le nuove “Reggio”, in servizio dal 1910, “Aspromonte”, in servizio dal 1922, e “Scilla” vennero affondate; “Cariddi” e “Villa”, in servizio dal 1910, ricevettero l’ordine di autoaffondamento), interrompono la strutturazione dell’Area, che riprende progressivamente a integrarsi nel secondo dopoguerra con la ricostruzione della flotta e con l’affacciarsi sullo Stretto degli armatori privati.

Arriviamo così al documento programmatico 1970-1975 del Ministero del Bilancio (all. IV pag. 51 e segg., 1970), compreso nel cosiddetto “Progetto 80”, in cui si evidenzia l’importanza per il Sistema Italia di un efficace collegamento isola/continente che non sia puramente strumentale-tecnico ma passi anche attraverso una solida e strutturata integrazione socio-economico dei territori.

Nel “Progetto 80” vengono indicati tre livelli di integrazione: 1) interregionale – comprendente Calabria, Sicilia e, marginalmente, Campania e Basilicata; 2) interprovinciale – embrione di un vero e proprio sistema metropolitano dello Stretto, composto dai territori provinciali di Messina e Reggio; 3) urbano – ipotesi di conurbazione tra Messina, Villa e Reggio.

Questa ipotesi di sviluppo dell’Area dello Stretto viene presentata in Parlamento con un ordine del giorno, accettato dal Governo, il 23 marzo del 1982 a firma di Calarco, Vincelli, Santalco, Genovese e Fimognari; successivamente, con il rilevante contributo del sen. Libertini, la tesi viene ripresa e approfondita nel convegno organizzato dalla CGIL a Messina il 15 luglio dello stesso anno (“Proposte per il collegamento Sicilia-Calabria, per il riequilibrio Nord-Sud in Europa e nel Mediterraneo”). Questa ipotesi di sviluppo a cavallo di due regioni ottiene il placet del CER (Centro Europeo Ricerche) nel novembre 1982 in una riunione presieduta dal ministro ai Lavori Pubblici on. Franco Nicolazzi.

Nella seconda metà degli anni Ottanta e in quasi tutti i Novanta su tutta la questione cade l’oblio, se si eccettuano sporadiche dichiarazioni di politici che, sottacendo la probabile necessità di un’apposita legge costituzionale, parlano di Regione dello Stretto come fosse un bignè da poter acquistare alla vicina pasticceria. Si arriva così ai nostri giorni in cui, grazie all’attività della Fondazione Mediterranea, si riprendono con umiltà le carte del Progetto 80 e se ne rinverdiscono le idee adattandole al mutare dei tempi.

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