Miti e Storie dello Stretto

Sabato 21 maggio 2005 – Circolo di Società

 

Daniele Castrizio (Associato di Numismatica Università di Messina)
Giovanna Argentino Mazzitelli (Assessore comunale alla Cultura)


Presentazione del volume “Encheiridion” di Franco Mosino (grecista)

(cliccare sulla copertina per scaricare il pdf)

 

                                                                      encheiridion-mosinoMITI E STORIE DELLO STRETTO DI ODISSEO

A Delfi nella Focide, ai piedi del monte Parnaso e a poco più di 10 chilometri dal golfo di Corinto, nel tempio dedicato ad Apollo, la sua sacerdotessa Pizia era solita ascoltare attentamente chi le si rivolgeva per ricevere consiglio prima di un viaggio o di un’impresa. Si recava poi nei sotterranei del tempio, da cui ne usciva in trance per emettere l’oracolo: sibillino responso che, spesso composto da oscure parole o ininterpretabili frasi, mai comunque leggibile in maniera chiara e univoca, poteva sempre adattarsi alle più diverse situazioni. Era la parola del Dio, che amava così esprimersi.

Plutarco, che ebbe modo di servire Apollo a Delfi come suo sacerdote e di conoscerne gli oracolari segreti, li riportò nei suoi scritti: la Pizia, per cadere nella profetica trance, inalava un misterioso soffio di gas profumato proveniente da una fessura del terreno posta proprio sotto al tempio; quando preda del delirio, emetteva gli oscuri vaticinii.

Per Dioniso d’Alicarnasso, anche Artemida, duce dei Calcidesi emigrati da Euripo per una carestia (cui, secondo Eraclide Pontico, si erano uniti quei Messeni del Peloponneso esuli a Macisto per aver deflorato le vergini spartane mandate dai Lacedemoni a Limne per le cerimonie sacre), prima di partire si recò a Delfi per riceverne l’oracolo: la Pizia gli ordinò di fermarsi e di non navigare più oltre appena avesse visto una femmina unita con un maschio.

Messosi in viaggio, comprese d’essersi compiuta la volontà dell’oracolo quando su di una riva scorse una vite avvinghiata a un caprifico (per Eraclide non era un fico selvatico bensì un leccio, la quercia sempreverde della macchia mediterranea): vi fondò la città di Reggio nell’estate del 730 a.C.

Questo il mito. Storicamente i fatti sono sovrapponibili: è la loro giustificazione che muta. Dai calcidesi che avevano fondato nel 734 a.C. Zancle, l’odierna Messina, venne riferito ai compatrioti rimasti nella povera città-stato di Kalkis nell’isola Eubea che sull’opposta sponda dello Stretto, a sud della loro polis, alla foce di un fiume vi era un approdo naturale protetto da un promontorio e dal ricco e pianeggiante retroterra. Era l’odierno capo Calamizzi (che per fenomeni bradisismici cedette nel 1562 perdendo la sua funzione protettiva) alla foce del torrente Calopinace, l’antico fiume Apsia. La spedizione, composta oltre che dai calcidesi (comandati da Artemide) anche da un gruppo di messeni esuli politici (sottoposti ad Alcidàmida), venne condotta al sito da un gruppo di abitanti di Zancle (guidati dall’ecista Antimnesto). Dopo di Rhegion vennero fondate Sibari nel 720, Crotone nel 710, Locri nel 680, Catania, Leontini. Oltre Zancle, le polis fondate prima di Rhegion furono Pitecùsa (Ischia) nel 765, Cuma e Naxos.

I miti e la storia nello Stretto di Scilla e Cariddi, il più suggestivo dei siti omerici, sono sempre stati tra loro intimamente legati. “Miti e Storie dello Stretto” è il titolo di questa edizione delle Lezioni Reggine. Presentata dal M.se Saverio Genoese Zerbi, con la guida dello storico Daniele Castrizio nella riunione ci si affaccia sulla nostra storia rivivendola attraverso i suoi miti e ripercorrendone il tragitto iniziato nell’estate del 730 a.C.

Presente l’assessore ai Beni Culturali dott.sa Giovanna Argentino Mazzitelli, al termine dell’incontro viene presentato il volume “Encheiridion”, un agile manuale di storia della medicina e della farmacologia greca, opera del grecista reggino Franco Mosino.

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